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contro l’assassinio degli animali per un’ufologia morale

 

Questo è Moreau, affettuoso padre di famiglia e sposo monogamo, amante del sole dei croccantini e dei suoi numerosi amici e fratelli cani. Morto per il fucile di un cacciatore ignoto. Ignoto ed impunito. Questo nonostante la legge sul maltrattamento degli animali che punisce il trasgressore con una multa e con la reclusione fino a tre anni, legge da cui i cacciatori sono però esentati. Cacciatori esercito e polizia sono gli unici possessori legali di armi in Italia, i cacciatori gli unici con la licenza di uccidere senza che sia stata proclamata una guerra. In una società come quella italiana che presume di aver raggiunto un alto stadio di civilizzazione l’omicidio è consentito solo in alcune circostanze e comunque soggetto a restrizioni che illudono sul carattere morale dell’assassinio. La caccia non è più un semplice divertimento ma è entrata nell’ambito dello sport, regolamentata dunque in modo da favorire entrambe le parti: il cacciatore che si glorifica di definirsi un vero sportivo ha solo tre colpi di fucile per uccidere l’animale, che misura la sua possibilità di vincere la gara sportiva nella fuga che forse gli salverà la vita. In una società disgustosamente civile la caccia, come la guerra, è possibile solo selezionando le vittime. L’omicidio è legittimato solo verso alcune vittime preselezionate: l’invasore e il dittatore per quanto riguarda la guerra, l’omicida per quanto riguarda la pena di morte ancora attiva in tantissimi stati; e per la sfera della caccia le specie non protette, non in via d’estinzione, e gli animali non definiti da compagnia. Principi che consentono di tenere inviolata l’idea di moralità degli stati civilizzati che vengono regolarmente trascese ed ignorate. L’assassinio di Moreau fa arrabbiare di più perché a differenza degli altri animali non c’è la scusa di potersene cibare. Così Moreau è stato abbandonato in agonia sul prato della sua casa, facendo in modo che il suo assassino contravvenisse oltre che a qualsiasi senso di pietà a quell’altra legge che per tutelare l’incolumità degli umani prevede che i cacciatori non possano sparare che oltre 70 metri dalle abitazioni private ( pur, beninteso, poterne attraversare le proprietà liberamente ). Grazie per il senso diffuso di sicurezza che questa legge garantisce, l’idea regolamentativa è che la caccia sia tollerata, purché non si incorra nel rischio di sparare invece che al gatto al genitore, o di disturbare con scoppi troppo vicini il lieto riposo del pargolo. La quiete pubblica vale più della vita in questo mondo governato dalle buone maniere e dal buon senso. Come appare abbastanza ovvio non c’era nessun motivo, nessun errore e nessuna svista giustificabile per poter sparare ad un gatto di casa e non c’è nessuna ragione che possa discolpare chi prenda un fucile in mano con l’intento di uccidere un animale qualsiasi, l’ultimo sparuto uccellino nel nido. Ed in mancanza di un nome proprio contro cui puntare il dito accuso ognuno di voi: sarete complici e puzzerete di sangue fin quando non vi mobiliterete per cambiare le cose. Migliora ciò che puoi cambiare e boicotta il resto.

Mentre la caccia uccide gli animali che un manipolo di politici ignoranti ha definito come inutili alla vita sulla Terra perché non in via d’estinzione e non cari compagni dell’affetto umano ( o anche definiti come utili all’uomo perché si possono mangiare ), polizia ed esercito non possono puntare le armi che contro il nemico. Consideriamoci fortunate, italiche genti, che la costituzione ammetta la guerra solo a scopo di difesa. I cacciatori sono le uniche persone che possono usare le armi a scopo di attacco. Anzi, l’attacco e la morte dell’indifeso sono le uniche ragioni che giustificano il loro possesso di armi. I militari e i poliziotti che girano armati per le nostre strade sono invece lì per difenderci. Anche quest’affermazione puzza di scusa e di falsità da chilometri di distanza come la loro polvere da sparo. Nella guerra si scusa l’omicidio chiamandolo legittima difesa o appellandosi al fatto che hanno cominciato prima gli altri. In realtà i cattivi che vanno eliminati in nome della libertà sono stabiliti da noi. Siamo sempre noi, o meglio, sono i politici ( o gli interessi che stanno loro dietro ) incoraggiati dalla nostra indifferenza a riguardo a definire chi uccidere e chi no; ma invece di chiamare le cose con il loro nome gli si applica sopra il cartellino della difesa e della tutela. Più o meno palesemente questo si rivela nelle ultime missioni di pace in cui è impegnato tutt’ora l’esercito italiano. La rettorica del nome rivela già la realtà: manca una vera indignazione nei confronti del cattivo, eliminabile perché in fin dei conti ci è del tutto indifferente. L’indifferenza è il via libera alla base di ogni sterminio, come dimostrato dalla shoah o dalla sua versione contemporanea scritta da Amelie Notomb “Acido solforico”. E ogni indifferenza viene implementata dall’esile voce del piccolo uomo che si crede tale solo perché non ha la determinazione di alzare il tono e riconoscere che la sua laringe è abbastanza funzionante per emettere dei suoni e tra questi suoni anche “NO”. Migliora ciò che puoi cambiare e boicotta il resto.

Che nessuno tocchi Caino, ma che nessuno si trasformi in Caino. Gl’interessi del mercato legale e illegale delle armi sono una delle principali cause alla giustificazione della violenza portata avanti dall’apologetica industria culturale ( quell’altra cosa che mettendo in scena l’eroe dice all’uomo medio che non ha le possibilità di fare qualcosa d’importante, e lo ribadisce ammonendo che la vita non è un film ): i film, soprattutto di provenienza americana mostrano le nostre belle civiltà concentrate di diritti umani venir minacciate dai cattivi, contro i quali, finalmente, si potrà sparare.  Queste armi saranno puntate verso l’alto il giorno che degli extraterrestri ci faranno una visitina. I film d’azione di stampo americano sfruttano il sentimento della paura per suscitare in noi l’idea di essere sempre in pericolo anche nella realtà. Lo spregevole stupratore di bambini caricaturato nel film che si rifà ad una storia vera ammonisce le madri che non controllano i cellulari dei figli. La cronaca nera nei quotidiani e nei telegiornali si trasforma in un romanzo poliziesco. False teorie del complotto ci avvisano che Hitler potrebbe essere ancora vivo da qualche parte, e che è più cattivo di prima. Nei film non solo l’esercito nemico è pronto ad invadere la tranquilla cittadina di provincia strappando l’avvocato prestante e la madre single alla loro noiosa quotidianità; ma questa stessa tranquillità è costantemente minacciata dall’attacco alieno latente, da King Kong o da scienziati pazzi che hanno scoperto un virus per annientare l’umanità. In Jurassic park i dinosauri riportati in vita, tragicamente sfuggiti al controllo degli studiosi inseguono senza sosta i protagonisti; senza che a nessuno sia venuto in mente di chiedersi se qualcuno ha il diritto di riportare in vita animali estinti per farne un’attrazione turistica. I film scoprono anche la potenza degli uragani e dei terremoti, non si fanno mancare imbarcazioni in balia della tempesta e vulcani che sembrano avere una coscienza propria cosicché nell’uomo si instauri una paura completa anche nei confronti della natura. Al di là della moralina da bambini aggiunta alla fine del film il significato è sempre lo stesso: chiunque può essere il cattivo, e riproponendo un moto degli scouts traviato “sii preparato” comprati la tua sicurezza in un lanciarazzi; uccidi Caino.

L’ufologia è il contrario della guerra e della caccia. Per sua essenza l’ufologia sostituisce alla paura il senso di ammirazione ed il desiderio di essere partecipe ai fenomeni inspiegabili, registrandoli e prendendone coscienza prima di tentare una decifrazione, che forse non potrà mai essere completa. L’ufologia si basa sul senso di ammirazione per la vita in sé e sonda il cielo alla ricerca di altre forme di vita. Non lasciamoci confondere però dal linguaggio usuale perché l’ufologia radicale non è interessata unicamente alle forme di vita cosiddette intelligenti: la parola intelligenza è una categoria inventata dall’uomo che rispecchia un modo ‘civile’ e troppo umano di comportarsi. Anzi la speranza che da qualche parte esistano altre forme di vita pone l’accento sulla parola ‘altre’, ed è la stessa speranza che esistano altre forme di governo o di vita sociale, altri modi di agire e un’etica più profonda. O anche qualcosa di finalmente completamente diverso dall’uomo. Questa però è prima di tutto una speranza che non limita affatto l’obiettività dell’ufologia davanti ai fenomeni naturali ( spirituali tecnologici e quant’altro ) né lo spirito conoscitivo dell’ufologo, che esula da quello degli scienziati, la manipolazione, e da quello del bambino che per conoscere infila le cose in bocca ed ingoia. Il modo privilegiato di conoscere, da cui si mutua anche l’appello alla violenza ed alla distruzione preventiva di ciò che forse è nocivo è proprio il gesto con cui il bambino mette in bocca le cose e le mangia. L’uomo conosce ingurgitando le cose, prendendo le sostanze nutritive che lo possono fortificare e cagando il resto. Ma l’uomo che si vanta della propria civiltà ha escluso da tempo il cannibalismo ( questo semmai è lasciato alle mucche: la mucca pazza era provocata dalla preparazione degli alimenti per le mucche di allevamento di carne di scarto di altre mucche ), e mangia il resto, mangia il diverso da sé. Chi mangia toglie la vita all’altro che ingoia e metaforicamente parlando chi conosce mangiando prende tutto su di sé e non lascia niente dell’altro che ha mangiato. In poche parole, si conosce eliminando. Adorno diceva in proposito “essere amici del bosco con la caccia”. E’ una tautologia: la caccia, poiché elimina, con la scusa di mangiare, non conosce niente di chi elimina. La caccia sotto il suo aspetto civile da sport ha il desiderio di mangiare ciò che cattura, di togliergli prima la vita e poi di eliminarne anche il cadavere. La caccia è la distruzione più completa dell’altro, è il desiderio violento di morte ( solitamente represso ) nel suo aspetto innocuo e civile, è la perversione del cibo che gioisce della propria crudeltà. L’altro modo di conoscere della società avanzata è la manipolazione: fin da Bacone lo scienziato conosce la natura quando è in grado di manipolarla. Manipolare vuol dire testualmente non lasciare essere la cosa per quello che è ma trasformarla, vuol dire metterci le mani. Anche con la manipolazione come nel caso del mangiare quello che si conosce è il proprio gesto che distrugge l’essenza dell’altro.

L’ufologia al contrario conosce perché lascia essere, quando guarda da distante, quando fotografa quando osserva, quando percepisce qualcosa e quando teorizza. La paura diffusa dell’alieno è proprio il suo arrivare sulla Terra per rapire qualche ignaro ubriacone addormentato portarlo a bordo dell’astronave e fare test scientifici su di lui. Come sempre non ci accorgiamo che l’idea che abbiamo dell’alieno è solo una proiezione del nostro troppo umano modo di agire. L’ufologia radicale quando è davvero radicale è anche profondamente morale. Qui, per morale, non si tratta di boicottare la violenza e di non manipolare: questa dev’essere la base per l’agire di ogni persona, soprattutto in uno stato che si vanta di essere cristiano. Anche Gesù, insegnano i vangeli apocrifi, era vegetariano. L’ufologia non uccide, non è sulla difensiva, non si protegge sparando per prima e non dichiara guerre preventive agli ufo e nemmeno a chi è contro all’ufologia. Il principio che sancisce chi uccidere è semplice: più l’altro è diverso da me, e più facilmente posso ignorarlo; principio così antico che ne parla anche Epitteto con la teoria dei cerchi concentrici. Ogni circonferenza designa un grado nella scala dell’affetto e dell’interesse, più ci si allontana dal centro e più cala l’interesse. Al centro, ci sono ovviamente io, nel cerchio successivo i miei familiari, i miei amici, poi viene il cerchio dei conoscenti, dei compaesani, quello degli altri uomini e donne, poi gli animali. Più ci si allontana dal centro e più il mondo sprofonda nell’indifferenza. Attenzione: non si tratta di una mera teoria filosofica ma di un’operazione che inconsciamente compie chiunque nei confronti dei propri conoscenti. Gli alieni sono esclusi da qualsiasi circonferenza: l’alieno, come da definizione nel dizionario, è il completamente altro dall’uomo. L’ufologia è profondamente morale perché non si basa sul criterio dell’utilità per decidere chi salvare e chi uccidere, né lascia che sia l’indifferenza per ciò che è troppo distante da noi ( su un altro pianeta o su un’altra galassia ) il criterio apologetico per l’omicidio. Anzi è proprio il principio dei cerchi concentrici a far sì che manchi una parola per definire l’uccisione colpevole degli animali ( il dizionario Zingarelli definisce assassinio l’uccisione di un essere umano in modo violento e per scopi abbietti ). L’ufologia radicale, per arrivare all’alieno ha già superato e deve superare gli altri cerchi, ovvero ha già fatto proprio l’interesse per tutte le circonferenze Per quanto gli alieni siano figurati nella coscienza delle masse con forma di ominide ( e inquietanti proprio perché simili a uomini ma non del tutto tali ) verrebbero classificati come animali. Non c’è da stupirsi, anche gli indigeni americani, per quanto di forma ominide, sono stati considerati animali per facilitare la conquista del territorio ed il relativo massacro. Questa distinzione non deve aver più nessuna influenza sui nostri giudizi. E così è per l’ufologo radicale, che può amare il completamente altro, chi sta fuori dal cerchio, solo se ama anche tutte le altre circonferenze, se conosce senza mangiare, se rifiuta la morte e se ha assunto come criterio di ricerca il vegetarianismo, che non ha bisogno di scuse per uccidere perché sa che protrarre la propria vita a spesa della vita altrui è contrario alla vita. Come diceva Adorno: l’uomo contemporaneo non è più capace di scorgere fini alternativi a quelli dell’immediata autoconservazione, ma la sua sopravvivenza è pagata al prezzo della morte e dell’oppressione altrui. La colpevolezza della vita è il fatto che per mantenersi deve integrare la propria sopravvivenza con l’omicidio costante ( il padrone uccide il nemico, il servitore uccide l’animale di cui si ciba ), ma questo non è più conciliabile con la vita. L’ufologo ha scorto questo fine alternativo: guardare il cielo per cercarvi altra vita.

 


SETI

SETI: search for extraterrestial intelligence, in realtà cerca ben poco. L’idea di poter contattare civiltà aliene è di sicuro da elogiare, ma il progetto ha delle lacune teoriche e pratiche che sembrano addirittura in contrasto con l’ufologia. Anzitutto la passività del progetto: sebbene attraverso i radiotelescopi siano stati spediti nello spazio alcuni messaggi, l’ultimo di importanza rilevante ( e comunque di una durata di circa 170 secondi ) risale al 1974, ed il progetto si riduce quindi ad un ascolto ( che privilegia in particolare una frequenza tralasciando completamente molte altre ), nella speranza umana troppo umana che agli alieni sia venuta in mente la stessa cosa. All’origine di questo ascolto stanno due errori di fondo: primo, la formula di Drake per scovare il numero delle civiltà aliene con una tecnologia ed un interesse sufficienti alla comunicazione radio tra pianeti, una formula totalmente astratta e non falsificabile ( benché il progetto si autodefinisca scientifico ) dato che ne conosciamo un solo caso, cioè il nostro. Ma Forse, sarebbe interessante conoscere qualcosa anche degli alieni meno intelligenti e meno avanzati tecnologicamente. Secondo, l’idea altrettanto scientifica ( e secondo alcuni già ben falsificata ) che dato il limite della velocità della luce un incontro faccia a faccia con gli alieni sia impossibile, pertanto l’unica possibilità di contatto sarebbe quella di mettersi in ascolto delle frequenze radio. Tale assunto, com’è evidente, purtroppo tralascia tutte le apparizioni ufo, e con questo l’ufologia stessa.